Di seguito alcuni chiarimenti sul vaccino per contrastare il Covid 19.
Tali informazioni sono state recuperate e sintetizzate dal sito ufficiale dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) che potrai consultare comodamente per ampliare l’argomento.
Obiettivo di questa pagina è esclusivamente quello di aiutare il lettore a conoscere meglio ciò che riguarda le curiosità legate ai vaccini che saranno somministrati agli italiani.
Non si consiglia né si scoraggia l’utilizzo.
La scelta se vaccinarsi o meno in Italia rimane per il momento volontaria.
VACCINO ANTI COVID -19: Domande e risposte
Il vaccino in oggetto è un vaccino destinato a prevenire la malattia da COVID-19.
Agisce nei soggetti di età pari o superiore a 16 anni.
Contiene una molecola denominata RNA messaggero (mRNA) con le istruzioni per produrre una proteina presente sul virus responsabile della pandemia in corso.
Il vaccino non contiene il virus e non può provocare la malattia.
Il vaccino in oggetto viene somministrato in due iniezioni, a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra.
Lo scopo del vaccino è quello di inibire la proteina Spike, responsabile, come fosse una chiave di ingresso, di far entrare il virus nelle cellule umane dove si riproduce.
Il vaccino induce una risposta che blocca questa proteina Spike e quindi non avviene il contagio.
Gli anticorpi che si formano per mezzo dell'informazione contenuta nelle molecole di acido ribonucleico messaggero (mRNA) iniettato nel paziente, bloccano le proteine Spike e ne impediscono l’ingresso nelle cellule.
Il vaccino, quindi, non introduce nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina Spike.
Il vaccino si è dimostrato efficace nel 95% degli adulti dai 16 anni in poi.
È stato evidenziato che la protezione da covid 19 inizia a produrre risultati sui pazienti vaccinati una settimana dopo la seconda dose, quella fatta 21 giorni dopo la prima.
Inizialmente il vaccino era stato autorizzato per essere somministrato in pazienti dai 16 anni in su.
Attualmente per quanto riguarda Pfizer e Moderna l'età è scesa nella fascia 12 - 17 anni.
Gli altri vaccini disponibili (Vaxzevria e Janssen) non sono al momento autorizzati per persone di età inferiore a 18 anni.
Gli studi sono ancora in fase valutativa. Il confronto con virus simili pressuppone una protezione di 9-12 mesi
La vaccinazione è completamente gratuita.
Un documento di identità valido e la tessera sanitaria.
Frutto della collaborazione tra il colosso statunitense Pfizer e l’azienda tedesca BioNTech, questo vaccino funziona con la tecnologia dell’Rna messaggero e prevede due dosi.
È stato approvato dalle varie autorità di regolazione, tra cui la stessa Oms.
È in assoluto il vaccino con l’efficacia più alta, pari al 95%.
Il limite più grande è la temperatura di conservazione estremamente bassa, intorno ai -70° C, ma una recentissima nota dei produttori sostiene che il vaccino è in grado di resistere per due settimane anche tra i -25° e i -15° C.
Moderna è un’azienda statunitense, più piccola rispetto a Pfizer, che produce tra gli Usa e la Svizzera.
Anche questo è un vaccino a Rna messaggero, con un’efficacia molto simile al precedente, pari al 94%. Ha tuttavia una temperatura di conservazione più alta, attorno ai -20° C, e oltretutto può resistere fino a un mese in frigorifero.
Ultimo arrivato in ordine di tempo tra i vaccini occidentali, si basa anch’esso sulla tecnica del vettore virale.
L’efficacia generale è più bassa dei concorrenti, attestandosi al 66%, ma il vaccino si conserva tranquillamente in frigorifero e, a differenza di quasi tutti gli altri, richiede un unico dosaggio, cosa che ne aumenta notevolmente la praticità. Su base globale ha già oltre 350 milioni di ordini, nonostante il fatto che attenda ancora l’approvazione di gran parte degli enti regolatori.
Il vaccino russo, prodotto dall’ente nazionale di ricerca epidemiologica chiamato Sputnik V, è basato sempre su un vettore virale.
La pubblicazione su The Lancet ha dimostrato un’efficacia pari al 92%.
Inoltre, con una temperatura di conservazione ragionevole (-18° C ) e un buon prezzo (meno di 10 dollari a dose), il vaccino si candida ad avere molte richieste a livello globale, al momento già pari a oltre 750 milioni di dosi.
Numerosi nuovi vaccini, inclusi quelli anti-SARS-CoV-2, sono a base di una parte (di solito una proteina) del virus o del batterio. Ovviamente questo è un vantaggio sia nella produzione, sia per favorire una risposta specifica e diretta verso la parte del microrganismo più rilevante (ad esempio la proteina “spike” di SARS-CoV-2). D’altre parte, normalmente una sola proteina determina una risposta debole da parte del sistema immunitario. Dunque, di solito, alla proteina alla base del vaccino vengono aggiunti gli adiuvanti. Semplificando, gli adiuvanti servono a far sviluppare una risposta infiammatoria locale, in modo tale che il sistema immunitario dell’ospite reagisca vigorosamente contro la proteina estranea.
In conclusione, gli adiuvanti favoriscono una risposta immunitaria robusta (produzione di anticorpi e risposta dei linfociti T) ma sono anche responsabili, almeno in parte, delle piccole reazioni avverse locali (gonfiore, rossore, prurito, indurimento della parte) che si hanno dopo l’inoculo di un vaccino.
Fonte: https://www.sifweb.org/sif-magazine/voci-di-supporto/adiuvanti
Gli anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 sono un particolare tipo di anticorpi capaci di inattivare il virus rendendolo inefficace e non più in grado di infettare le cellule bersaglio.
Nel caso del SARS-CoV-2 gli anticorpi neutralizzanti interferiscono principalmente con le proteine spike che sono presenti sulla membrana virale.
Quando i linfociti B sono stimolati da un vaccino, pensato per stimolare la produzione di anticorpi neutralizzanti, la quantità di anticorpi neutralizzanti prodotti è superiore e la loro presenza impedisce lo sviluppo di una infezione.
Gli anticorpi neutralizzanti si possono anche produrre in laboratorio per essere utilizzati come farmaci.
Il tampone, detto anche “test molecolare”, prevede il prelievo di una piccola quantità di materiale biologico dalle cavità nasali o dalla gola per cercare in questi campioni tracce del materiale genetico appartenente al virus.
Qualora venga rilevata la presenza di materiale genetico virale di SARS-CoV-2 vuol dire che il paziente è infetto e, di conseguenza, viene certificata la positività al virus.
I risultati sono disponibili dopo alcune ore dal test effettuato sul paziente.
Il test rapido è un test diagnostico per SARS-CoV-2 che si basa sul cercare la presenza di alcune delle proteine di cui è composto il virus (antigeni virali).
Questa metodica prevede il prelievo di una piccola quantità di materiale biologico dalle cavità nasali o dalla gola e il contatto con una striscia di carta dove sono presenti anticorpi in grado di “catturare” le proteine virali di SARS-CoV-2 e, nel caso questo avvenga, il test sviluppa una reazione colorimetrica.
Qualora venga rilevata la presenza di proteine virali di SARS-CoV-2 nei campioni analizzati vuol dire che è in corso un’infezione e, di conseguenza viene certificata la positività al virus.
È possibile ottenere una risposta in tempi brevi (15-30 minuti o anche meno), anche se è necessario che il quantitativo di antigeni virali presenti nel campione sia elevato, per rilevare la positività di soggetti.
Quelli che hanno una bassa carica virale rischiano di venire erroneamente considerati negativi (falsi negativi).
Questo test viene adoperato soprattutto negli aeroporti.
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